Horsemanship: cosa vuol dire?

A quanto pare oggi è la Giornata mondiale della Gentilezza. Quale giorno migliore, quindi, per parlare di horsemanship.

Letteralmente dall'inglese questa parola può essere tradotta in italiano come relazione cavallo-uomo. 
Detta così non sembra indicare niente di speciale. Chiunque si trovi tra le mani una corda con la quale condurre un cavallo potrebbe dire che in quel momento si sta relazionando con un cavallo. Ma non è esattamente così semplice. Magari sta trasferendo un cavallo da un luogo a un altro, questo certamente sì, ma non è detto che tra i due si stia stabilendo una relazione. Il peso di questa parola, "relazione", nel caso dell' horsemanship è molto molto importante.
Si sono formate, come quasi sempre accade e come è giusto che sia, diverse scuole di pensiero, ma il filo conduttore che le accomuna tutte è il desiderio di costruire con il cavallo un legame, una relazione appunto, che esclude completamente il ricorso a metodi coercitivi a favore di un tipo di approccio basato sull'ascolto e su una conoscenza di tipo etologico affinché la comunicazione, parlando un linguaggio comune, possa avvenire nella maniera più serena possibile e nel rispetto reciproco.

Come ho già ricordato più volte, uomini e cavalli sono molto diversi tra loro. L'uomo è sopravvissuto imparando a cacciare le sue prede, il cavallo lo ha fatto scappando per mettersi in salvo dai suoi predatori.
È del tutto logico e naturale che, perché possa nascere una vera amicizia tra predatore e preda e affinché si possa fare qualcosa insieme, si debba imparare a conoscersi profondamente l'un l'altro. Per farlo, però, bisogna volerlo. È evidente che questo tipo di percorso richiede molto più tempo, pazienza, dedizione e determinazione rispetto ai metodi tradizionali.

Un altro aspetto fondamentale è che nell' horsemanship la forza fisica è del tutto sottomessa alla forza interiore e questo spinge inevitabilmente a migliorare sé stessi e la capacità di controllare e gestire le proprie emozioni. E vi assicuro che i cavalli sapranno ricompensare ogni nostro piccolo sforzo al momento giusto.

La mia non è una posizione estremista. Io adoro i cavalli e non sarei mai capace di provocar loro nessun genere di danno, ma non credo che oggi sia possibile vivere nell'illusione che infiniti branchi di cavalli possano essere liberi nelle sconfinate praterie (anche perché, dove sono finite le sconfinate praterie?).
Sarebbe un sogno, un sogno bellissimo, ma irrealizzabile.
Da ormai un anno a questa parte, però, e sono ancora all'inizio del mio lungo percorso, ho iniziato a capire che, grazie all'horsemanship, si può realizzare una piccola parte del sogno: si può rendere la vita dei cavalli più facile, più piacevole, più serena e in armonia con la loro indole senza rinunciare alle varie attività che siamo ormai abituati a svolgere con i nostri amici a quattro gambe.
Non è il cosa facciamo, ma il come lo facciamo a fare la differenza.

Tornerò senz'altro sull'argomento perché mi sta molto a cuore.
Intanto auguro a tutti noi di dare e ricevere più gentilezza possibile (non solo oggi... ;))




p.s. il video fa riferimento alla scuola di Pat Parelli al quale va il merito di aver dato il via a questo tipo di approccio, che mette finalmente in discussione il ruolo di predominanza dell'uomo, e di averlo poi diffuso in tutto il mondo. Oggi esistono, come già detto, altre scuole di pensiero che si sono, chi più chi meno, ispirate a Parelli.
  

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