Ribot, il Figlio del Vento
Ribot ed Enrico Camici. Allenamento a San Siro (Milano) anno 1956 |
La scorsa settimana curiosando in libreria ho trovato un libro intitolato Io, Ribot scritto dal giornalista della Gazzetta dello Sport Nicola Melillo (edito da Lìmina).
Il sottotitolo del libro dice: La mia vita da Figlio del Vento. Il libro, infatti, ricorda la storia dello straordinario galoppatore italiano come se fosse lui stesso a raccontarla.
Ribot è stato soprannominato "Figlio del Vento" per la sua incredibile velocità e per quella sensazione di facilità e leggerezza che dimostrava quando, superati tutti gli altri cavalli in pista, raggiungeva il traguardo quasi con una punta di orgoglio nei grandi occhi espressivi.
Ribot non è mai stato battuto: 16 vittorie su 16 corse disputate (tra cui le principali: Arc de Triomphe 1955, 1956; King George Stakes 1956; G.P. di Milano 1956; Jockey Club 1955); una carriera straordinaria che ha fatto brillare l'Italia in tutto il mondo e che ancora oggi, per chi ricorda il mito di Ribot, è motivo di grande orgoglio per noi italiani.
A volte, durante la lettura, può capitare di pensare qualcosa come: "Secondo me Ribot non ha mai pensato una cosa del genere" oppure "Ma era un cavallo!", ma vi garantisco che è una lettura piacevolissima che ha il grande merito di aver rispolverato un grande mito come Ribot e in questo particolare periodo storico, in cui l'Ippica italiana fa fatica a stare in piedi (con tutte le tragiche conseguenze del caso), fa davvero bene al cuore e riapre la mente.
Inoltre, alla fine del libro è presente una breve storia dei vari personaggi che hanno costituito la vincente squadra del grandissimo Ribot.
Mi piace ricordare, come anche l'autore del libro fa, che Ribot è seppellito negli Stati Uniti alla Darby Dan Farm. L'epitaffio sulla sua tomba recita: 1952 - 1972. Ribot, italian sire. Qui giace un campione mai sconfitto.
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